A partire dalla mezzanotte del 31 dicembre 2020, il Regno Unito non fa più parte del territorio doganale e fiscale dell’Unione europea. Questo porta notevoli ripercussioni di carattere giuridico (contratti), economico (aumento costo dei trasporti che sono già raddoppiati, in alcuni casi), doganale e fiscale con cui le aziende sono chiamate a confrontarsi.
Le imprese italiane che operano stabilmente con il Regno Unito sono oltre 50.000
Il primo aspetto da considerare si lega al fatto che la circolazione dei beni verrà considerata commercio con un Paese extraUE, sia sotto il profilo doganale che per l’IVA e le accise.
Le vendite di beni verso il Regno Unito non rappresenteranno più cessioni intracomunitarie, ma saranno soggette alle regole proprie dell’esportazione, mentre gli acquisti di beni materiali dal Regno Unito daranno luogo a operazioni di importazione.
Anche a seguito dell’accordo commerciale di cooperazione tra UE e UK siglato il 24/12/2020 le problematiche evidenziate restano, anche se ci sono facilitazioni, come vedremo.
L’accordo commerciale di cooperazione tra UE e UK
Per attenuare gli effetti della brexit sono stati portati avanti lunghi e laboriosi negoziati per pervenire all’ accordo in questione siglato in via provvisoria il 24 dicembre 2020 volto a disciplinare le future relazioni tra l’UE e il Regno Unito.
Questo ha consentito che alla fine del periodo transitorio – previsto dall’Accordo di recesso del Regno Unito dalla UE, entrato in vigore il 1° febbraio 2020, nel corso del quale il Regno Unito, pur se diventato uno Stato terzo, ha continuato a partecipare al mercato unico ed all’unione doganale dell’UE – non venissero applicate le norme dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), con l’applicazione della clausola della “nazione più favorita” (Most Favoured Nation, Mfn), secondo la quale ogni Stato si impegna ad accordare a ogni altro lo stesso trattamento concesso a tutti i Paesi con cui non esistono specifici accordi commerciali bilaterali.
Tale accordo, al fine di evitare l’applicazione dei dazi nel Regno Unito a tutte le merci unionali (e viceversa), prevede che debbano essere soddisfatti i requisiti stabiliti dalle regole di origine di cui al Titolo I Capitolo 2 parte II dell’accordo.
La merce esportata per ottenere l’origine UE deve soddisfare alcuni requisiti:
- la merce esportata deve essere spedita direttamente in UK
- l’esportatore deve fornire una valida attestazione di origine all’importatore UK. A tal fine l’Unione Europea richiede che l’esportatore unionale sia registrato nel sistema REX (per spedizioni di valore fino a 6.000 euro l’attestazione di origine può essere apposta direttamente in fattura).
Gli operatori economici non ancora registrati su REX potranno indicare nella dichiarazione (allegata alla circolare 49/2020) il codice EORI unitamente al proprio indirizzo completo da inserire nel campo “luogo e data”, salvo l’aggiornamento del dato, non appena ottenuto il codice di registrazione
Se un operatore economico unionale è già titolare dello status di esportatore registrato Rex prima della Brexit (come precisato dalla Agenzia delle Dogane), essendo il numero Rex unico, l’esportatore registrato lo può utilizzare per tutte le sue esportazioni in ambito preferenziale; pertanto, anche ai fini dell’Accordo commerciale e di cooperazione UE-Uk.
Specularmente, per ottenere la non applicazione del dazio alle importazioni di merce con origine UK l’esportatore dovrà indicare un numero identificativo previsto dalle regole UK che secondo le indicazioni fornite da UK sarà un codice EORI.
Origine UE/UK (origine preferenziale delle merci)
Al Titolo I Capitolo 2 in materia di origine. L’ Articolo ORIG.3 – Prescrizioni generali – stabilisce che:
Ai fini dell’applicazione del trattamento tariffario preferenziale di una parte a una merce originaria dell’altra parte…, si considerano originari i prodotti:
- i prodotti interamente ottenuti in tale parte ai sensi dell’articolo ORIG.5. Per l’Agenzia delle Dogane, I prodotti interamente ottenuti sono quelli chiaramente originari di un determinato Paese perché, ad esempio, ivi cresciuti (animali e vegetali) o estratti (minerali).
- i prodotti fabbricati in tale parte esclusivamente a partire da materiali originari di tale parte
- i prodotti fabbricati in tale parte incorporando materiali non originari, purché soddisfino le prescrizioni di cui all’allegato. Ad esempio, per ottenere il carattere originario con riguardo alla produzione di macchinari, la voce tariffaria del prodotto finale deve essere diversa da quella dei materiali impiegati per la sua produzione oppure la quantità di materiale non originario utilizzato (NOM) non deve superare il 50% del contenuto totale.
Tali prodotti non saranno sottoposti a dazi.
Idem per le merci che, a prescindere dalla loro origine, siano reintrodotte nel territorio della parte dopo essere state temporaneamente esportate dal suo territorio nel territorio dell’altra parte a fini di riparazioni.
Impatti IVA
Gli impatti sono di notevole portata Un’operazione che, fino al 31 dicembre 2020, era qualificata come cessione intracomunitaria, è oggi soggetta alle regole proprie dell’esportazione doganale, così come l’acquisto intracomunitario di beni dà luogo a un’importazione.
Dal punto di vista dell’IVA e delle accise, agli scambi commerciali tra i due blocchi, si applicano ora le regole proprie degli scambi internazionali con Paesi terzi rispetto all’Unione europea.
Il già citato Trade and Cooperation Agreement, contiene unicamente un protocollo in materia di cooperazione amministrativa finalizzata al contrasto alle frodi, anche in materia IVA, che prevede un impegno comune nella lotta all’evasione e all’elusione fiscale, nello scambio di informazioni e nel recupero dei debiti Iva a livello transfrontaliero.
Le esportazioni verso il Regno Unito non sono, dunque, imponibili IVA, in quanto i beni sono spediti o trasportati verso una destinazione extra-Ue. È necessario, tuttavia, che il fornitore di tali beni sia in grado di provare che la merce ha lasciato il territorio Ue. Generalmente, gli Stati membri si basano sull’attestazione di uscita trasmessa all’esportatore dall’Ufficio doganale di esportazione.
All’importazione nel Regno Unito, l’IVA dovrà essere assolta in Dogana, secondo le procedure previste dal legislatore inglese.
Per quanto riguarda gli acquisiti di beni materiali dal Regno Unito, non si è più in presenza di un acquisto intracomunitario, con assolvimento dell’IVA mediante reverse charge (artt. 46 e 47 DL 331/93), bensì di un’operazione di importazione, con conseguente assolvimento dell’IVA in Dogana e successiva detrazione in sede di liquidazione periodica dell’imposta.
Le operazioni a cavallo del 1° gennaio 2021
La spedizione di merci (da o verso il Regno Unito) che ha avuto inizio prima del 31 dicembre 2020 ma si è conclusa dopo il 1° gennaio 2021 si considera operazione intra-Ue ai fini IVA, ai sensi dell’art. 51 dell’Accordo di recesso (Withdrawal Agreement, GU 31 gennaio 2020, n. 29/7).
Ciò vale anche per le operazioni che presentano un elemento transfrontaliero tra il Regno Unito e uno Stato membro, effettuate prima della fine del periodo transitorio in base alla Dir. 2006/112/UE.
I tale Direttiva, la Commissione europea nel settore IVA hanno precisato che i beni trasportati da uno Stato membro nel Regno Unito possono essere reintrodotti nel territorio Ue in esenzione da IVA.
I rimborsi IVA
L’operatore comunitario che ha assolto l’IVA in Uk nel 2020 può presentare la domanda entro il 31 marzo 2021. La richiesta può essere presentata direttamente allo Stato membro in cui si intende richiedere il rimborso, tenendo conto delle modalità previste dalla tredicesima direttiva (Dir. 86/560/CEE). Il rimborso dell’IVA può essere subordinato a una condizione di reciprocità, pertanto, può essere autorizzato solo se concesso anche dallo Stato terzo ai soggetti passivi stabiliti nel Paese membro interessato (Linee guida Commissione europea 10 dicembre 2020, pag. 6).
Intrastat
Dal 1° gennaio 2021, gli operatori Ue non devono più inserire le cessioni di beni verso UK negli elenchi riepilogativi Intra. In UK, invece, le imprese “VAT registered” dovranno continuare a inviare, per tutto il 2021, gli elenchi Intrastat mensili per gli acquisti.
Un’ulteriore precisazione riguarda il prefisso del numero di identificazione IVA “XI” per i soggetti stabiliti in Irlanda del Nord. Con Determinazione AD 15 febbraio 2021 n. 46832/RU, adottata di concerto con l’AE e d’intesa con l’Istituto Nazionale di Statistica, infatti, sono state aggiornate le istruzioni per l’uso e la compilazione degli elenchi riepilogativi delle cessioni e degli acquisti intracomunitari di beni e dei servizi resi e ricevuti (modelli Intrastat).
I riflessi in SAP
Gli interventi conseguenti da fare in SAP, sono i seguenti. Si tratta ovviamente di indicazioni orientative e come sempre va fatta una analisi caso per caso.
- Si potrà continuare ad utilizzare i codici IVA già presenti per le esportazioni e importazioni e relativi Tipi Documento. Il resto ne consegue automaticamente in merito a sezionali IVA, esterometro, registrazione bolletta doganale per le merci ed autofatture per i servizi.
- Le partita IVA dei partners residenti in Irlanda del Nord devono essere modificate con la sostituzione del codice Paese: da GB a XI in tabella T001Z
- Modifiche dovranno essere apportate per le dichiarazioni Intrastat per operazioni verso l’Irlanda del Norda seguito della detta variazione della partita Iva Comunitaria.
- Bonifici SEPA. La Nota SAP 2768412 suggerisce le seguenti azioni in merito: “…in base alla decisione del Consiglio europeo dei pagamenti (EPC), il Regno Unito rimarrà nel sistema AUPE. … Tuttavia, una certa agevolazione per i trasferimenti di fondi all’interno dell’UE non sarà più applicabile.
Per la trattazione esaustiva del tema, consiglio la lettura integrale della citata Nota OSS ed altre note ivi richiamate.